Compri acqua naturale e pensi sia pura, ma dentro c’è molto più di quello che credi

Quando acquistiamo una bottiglia d’acqua naturale al supermercato, pensiamo spesso di portare a casa il prodotto più puro e semplice possibile. In realtà, anche l’acqua minerale è regolata da una normativa specifica che consente alcuni trattamenti tecnologici e impone obblighi di etichettatura, non sempre intuitivi per il consumatore medio. In Europa, le acque minerali naturali sono disciplinate dalla direttiva 2009/54/CE, recepita in Italia dal D.Lgs. 176/2011, che stabilisce quali interventi sono ammessi e come devono essere dichiarati in etichetta.

Cosa può contenere davvero una bottiglia d’acqua

L’acqua in bottiglia può subire diversi trattamenti prima di arrivare sugli scaffali, entro i limiti previsti dalla legge. La normativa sulle acque minerali naturali consente solo interventi che non modifichino la composizione essenziale dell’acqua e il suo grado di mineralizzazione, ma permette alcune operazioni come la separazione di componenti instabili quali ferro, manganese e zolfo, e il trattamento con aria arricchita di ozono per la rimozione di questi elementi indesiderabili, purché non si formino residui nocivi e la composizione caratteristica dell’acqua resti invariata.

Il problema, più che l’esistenza di questi trattamenti leciti, è che la loro natura e portata non sono sempre immediatamente comprensibili per il consumatore: le diciture in etichetta sono spesso tecniche e poco intuitive, sebbene la legge richieda che alcuni trattamenti siano esplicitamente indicati. Alcuni produttori utilizzano sistemi di disinfezione a base di ozono per la rimozione di ferro, manganese e zolfo nelle acque minerali naturali, come consentito dalla direttiva europea, a condizione che l’acqua non subisca altre disinfezioni batteriologiche dirette e che non si alterino le caratteristiche essenziali del prodotto.

L’uso di raggi ultravioletti riguarda soprattutto la sterilizzazione di bottiglie e tappi come parte dell’igiene dell’impianto: questi UV agiscono sulle superfici e fanno parte delle normali pratiche igieniche in linea con i regolamenti sull’igiene alimentare.

Gli additivi invisibili: una questione di definizione

La normativa europea distingue chiaramente tra acqua minerale naturale, acqua di sorgente e acqua potabile confezionata. Le acque minerali naturali, secondo la direttiva 2009/54/CE, devono provenire da una falda o giacimento sotterraneo, essere protette da ogni rischio di inquinamento e risultare batteriologicamente sane all’origine, senza necessità di trattamenti di disinfezione come quelli ammessi per l’acqua potabile di rete.

Per le acque minerali naturali, la legge non consente l’aggiunta di additivi nel senso classico alimentare come addensanti, coloranti o conservanti, ma permette solo alcuni trattamenti fisici o fisico-chimici espressamente elencati. Non troviamo quindi codici E seguiti da numeri come negli altri alimenti, ma questo non significa che il prodotto non sia stato sottoposto a interventi tecnici: alcuni trattamenti possono modificare, entro limiti definiti, parametri come la presenza di ferro o manganese o il contenuto di anidride carbonica.

I trattamenti ammessi dalla legge

Tra i processi consentiti per le acque minerali naturali dalla normativa europea rientrano la separazione di elementi instabili come ferro, manganese e composti solforati mediante decantazione, filtrazione o aerazione, a condizione che tali trattamenti non alterino la composizione essenziale dell’acqua. È inoltre ammessa l’eliminazione totale o parziale dell’anidride carbonica libera presente naturalmente, così come l’aggiunta di anidride carbonica di origine propria o diversa per ottenere acque gasate o effervescenti, purché dichiarata in etichetta.

Il trattamento con aria arricchita di ozono per la rimozione di ferro, manganese, zolfo e arsenico nei limiti previsti è consentito a condizione che l’ozono sia successivamente eliminato e che non si formino residui nocivi. Anche l’utilizzo di raggi UV per la sanificazione delle bottiglie, dei tappi e delle linee di imbottigliamento rientra tra le pratiche regolamentate. Questi interventi sono legali e la normativa richiede la dichiarazione in etichetta dei trattamenti specifici, tuttavia il linguaggio tecnico utilizzato e lo spazio limitato in etichetta fanno sì che molti consumatori non colgano appieno il significato di tali diciture.

Leggere tra le righe dell’etichetta

L’etichetta di un’acqua in bottiglia contiene informazioni importanti: nome della sorgente, composizione in sali minerali, residuo fisso, durezza, eventuale gasatura naturale o aggiunta, e indicazioni sui trattamenti ammessi. Per le acque minerali naturali, quando viene utilizzato il trattamento con aria arricchita di ozono, la direttiva europea impone una specifica menzione in etichetta. Allo stesso modo, diciture come acqua addizionata di anidride carbonica indicano chiaramente un intervento sul contenuto di gas disciolti.

Per quanto riguarda i materiali a contatto con l’acqua durante il processo di imbottigliamento, l’intero sistema di tubazioni, serbatoi, valvole e filtri rientra nella disciplina europea sui materiali e oggetti a contatto con alimenti. Questi materiali devono essere formulati in modo che la migrazione di sostanze verso l’acqua resti al di sotto di limiti specifici stabiliti per garantire la sicurezza del consumatore. Studi sulla migrazione da materiali plastici mostrano che il rilascio di composti è in genere molto basso e nei limiti normativi, ma comunque misurabile, soprattutto in presenza di calore o lunghi tempi di contatto.

Il peso della plastica e dei trattamenti di conservazione

La bottiglia stessa può influire sulle caratteristiche dell’acqua. Le comuni bottiglie per acqua sono realizzate in PET (polietilene tereftalato), ritenuto idoneo al contatto con alimenti dalle autorità regolatorie a condizione che siano rispettati i limiti di migrazione stabiliti. Studi analitici hanno rilevato che, nel tempo e soprattutto in condizioni di temperatura elevata, il PET può rilasciare nell’acqua piccole quantità di antimonio, usato come catalizzatore nella produzione del PET, e tracce di composti organici, sebbene di norma entro i limiti di sicurezza fissati dall’UE e dall’OMS.

La migrazione di sostanze chimiche dall’imballaggio all’acqua aumenta con l’esposizione prolungata a calore e luce solare diretta. Diversi studi hanno mostrato che l’esposizione delle bottiglie di PET a temperature elevate può incrementare la concentrazione di antimonio e di alcuni composti organici nell’acqua, pur restando nella maggior parte dei casi al di sotto dei limiti normativi. I sistemi di chiusura, tappi e guarnizioni, sono anch’essi materiali a contatto con alimenti e devono rispettare i regolamenti UE. Anche da questi componenti può verificarsi una migrazione minima ma misurabile di sostanze verso l’acqua, sempre entro i limiti previsti.

Tutelare le proprie scelte di consumo

Come consumatori, possiamo adottare strategie pratiche per fare scelte più consapevoli quando acquistiamo acqua in bottiglia. Prima di tutto, è fondamentale distinguere tra acqua minerale naturale, acqua di sorgente e acqua potabile trattata. Le acque minerali naturali devono avere caratteristiche di stabilità di composizione e origine protetta, le acque di sorgente sono acque sotterranee potabili che non soddisfano tutti i requisiti delle acque minerali, mentre le acque potabili confezionate sono in genere acque di rete o sotterranee trattate secondo normative diverse.

Verificare le informazioni obbligatorie in etichetta diventa così un gesto importante: origine, composizione, eventuali trattamenti dichiarati come trattata con aria arricchita di ozono o addizionata di anidride carbonica sono tutti elementi che ci aiutano a capire cosa stiamo acquistando. Quando disponibili, consultare i documenti tecnici o le analisi rese pubbliche dall’imbottigliatore può fornire ulteriori dettagli sul prodotto.

Un aspetto cruciale riguarda le condizioni di conservazione. La raccomandazione di conservare le bottiglie in luogo fresco, asciutto, al riparo dalla luce e da fonti di calore è riportata sistematicamente sulle etichette perché temperature elevate e luce solare possono accelerare il degrado del materiale plastico e aumentare la migrazione di sostanze chimiche verso l’acqua, oltre a favorire eventuali alterazioni organolettiche. È inoltre consigliabile consumare l’acqua entro tempi ragionevoli dall’acquisto e, una volta aperta la bottiglia, entro pochi giorni.

La questione dei trattamenti e delle possibili migrazioni dai materiali di confezionamento mostra che anche prodotti apparentemente semplici come l’acqua in bottiglia sono il risultato di una filiera tecnologica regolamentata. Essere consumatori informati significa conoscere il quadro normativo e utilizzare queste informazioni per interpretare correttamente le etichette e le pratiche di conservazione, senza allarmismi ma con la giusta consapevolezza critica che ci permette di fare scelte adatte alle nostre esigenze e aspettative.

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