Quando l’inverno bussa alla porta e finalmente si accende il riscaldamento dopo mesi di inattività, molte persone si ritrovano davanti a una situazione frustrante: termosifoni che scaldano in modo irregolare, con la parte superiore fredda al tatto mentre quella inferiore è bollente. Altri notano gorgoglii nei termosifoni che attraversano le tubature come se qualcosa si muovesse al loro interno, oppure colpi metallici secchi che riecheggiano nelle stanze durante la notte.
Questi non sono semplici fastidi da ignorare. Dietro questi sintomi apparentemente banali si nasconde un problema tecnico preciso e diffuso: la presenza di aria intrappolata all’interno dell’impianto idraulico. Nel frattempo, l’efficienza del sistema di riscaldamento cala progressivamente, la caldaia lavora più del necessario, e le bollette energetiche crescono senza che nessuno se ne renda davvero conto. Il deterioramento dell’impianto procede in silenzio, nascosto dietro pareti e tubature.
Perché l’aria entra nei termosifoni
L’aria intrappolata in un impianto di riscaldamento non è un evento eccezionale o raro, ma un fenomeno fisiologico che riguarda tutti gli impianti chiusi a circolazione d’acqua. Quando l’acqua viene riscaldata e raffreddata ciclicamente, tende naturalmente a rilasciare i gas disciolti al suo interno. Questo processo, chiamato degassamento, è inevitabile e continuo.
Ma non è solo una questione di chimica dell’acqua. Ogni volta che viene eseguita una manutenzione, ogni volta che si riempie parzialmente il circuito, ogni volta che si verifica anche la più piccola perdita poi riparata, nuova aria entra nel sistema. Anche le micro-perdite invisibili contribuiscono al problema. L’impianto diventa così un contenitore che accumula gradualmente bolle d’aria, specialmente nei punti più alti del circuito, dove i gas tendono naturalmente a salire.
Queste bolle si raccolgono principalmente nella parte superiore dei termosifoni, formando vere e proprie sacche che impediscono all’acqua calda di circolare correttamente. Il metallo del radiatore rimane freddo in quelle zone. La superficie utile per lo scambio termico si riduce drasticamente, costringendo chi abita la casa ad alzare il termostato per compensare.
Le conseguenze che nessuno vede ma tutti pagano
L’aria intrappolata non causa soltanto disagi immediati e percepibili. Il problema va ben oltre termosifoni freddi in alto o i rumori fastidiosi. La presenza continua di aria nel circuito innesca una serie di fenomeni di degrado che agiscono lentamente ma inesorabilmente sull’intero impianto.
L’acqua contenente ossigeno in eccesso accelera i processi di ossidazione delle parti metalliche interne. In altre parole, favorisce la formazione di ruggine sulle pareti interne dei radiatori, delle tubature e dello scambiatore della caldaia. Questi depositi si staccano nel tempo, trasformandosi in particelle sottili che circolano nell’impianto. Si creano così i cosiddetti “fanghi”, una sospensione di particelle metalliche e calcaree che si deposita nei punti più critici: curve strette, valvole, pompe di circolazione.
Più fango si accumula, più la circolazione dell’acqua diventa difficoltosa. La pompa deve lavorare più intensamente per spingere il fluido attraverso il circuito. La caldaia deve restare accesa più a lungo per compensare la ridotta capacità di trasmissione del calore. Il consumo energetico aumenta in modo silenzioso, mese dopo mese. Nel frattempo, i componenti meccanici dell’impianto vengono sollecitati oltre il necessario: la caldaia esegue più cicli di accensione e spegnimento, le guarnizioni si usurano più rapidamente, le valvole possono iniziare a perdere tenuta.
Lo sfiato: soluzione semplice e accessibile
La buona notizia è che rimuovere l’aria intrappolata dai termosifoni è un’operazione alla portata di chiunque, che non richiede competenze tecniche avanzate né attrezzature costose. Si tratta della pratica di manutenzione ordinaria chiamata “sfiato”, che dovrebbe entrare nelle abitudini domestiche annuali di ogni famiglia dotata di impianto a radiatori.
L’intervento consiste nell’aprire una piccola valvola posizionata lateralmente nella parte alta di ogni termosifone, permettendo all’aria intrappolata di fuoriuscire fino a quando non inizia a uscire acqua in modo costante. La procedura è rapida: meno di cinque minuti per radiatore, anche per chi non l’ha mai fatto prima.
Prima di toccare qualsiasi valvola, è necessario spegnere completamente la caldaia e attendere che l’acqua all’interno dell’impianto si raffreddi. Lavorare con l’impianto caldo espone al rischio di scottature e rende difficile controllare la fuoriuscita dell’acqua.
Una volta che l’impianto è freddo e spento, occorre prepararsi con gli strumenti necessari: un piccolo contenitore per raccogliere l’acqua che uscirà, un panno per proteggere il pavimento, e soprattutto la chiavetta di sfiato. Quest’ultima è un utensile economico, reperibile in qualsiasi ferramenta a meno di due euro, progettato specificamente per girare le valvoline di sfiato dei radiatori.
La sequenza corretta che fa la differenza
Qui entra in gioco un dettaglio tecnico fondamentale: la sequenza. Non si possono sfiatare i termosifoni in ordine casuale. Bisogna iniziare sempre dal radiatore più distante dalla caldaia e, se possibile, da quello situato al piano più alto dell’abitazione. Questo perché l’aria, essendo più leggera dell’acqua, tende naturalmente a salire e ad accumularsi nei punti più elevati del circuito. Sfiatare prima i termosifoni vicini alla caldaia può far spostare l’aria verso quelli lontani, rendendo necessaria una seconda passata completa.

Su ogni termosifone, bisogna individuare la valvolina di sfiato, solitamente posizionata su uno dei lati superiori del radiatore. Una volta localizzata, si inserisce la chiavetta e si gira lentamente in senso antiorario. Immediatamente si avverte un sibilo: è l’aria che fuoriesce. Quando l’aria è completamente uscita, inizierà a fuoriuscire acqua, prima a spruzzi intermittenti, poi in modo continuo. Questo è il segnale per chiudere immediatamente la valvola.
L’operazione va ripetuta su tutti i termosifoni dell’abitazione, procedendo progressivamente verso quelli più vicini alla caldaia. In una casa di medie dimensioni, l’intero processo richiede raramente più di mezz’ora.
Il controllo finale che non va mai dimenticato
Molte persone, dopo aver completato lo sfiato di tutti i radiatori, commettono l’errore di considerare concluso il lavoro. In realtà manca un passaggio finale fondamentale: verificare la pressione dell’impianto. Ogni volta che si sfiata l’aria, si fa uscire anche una piccola quantità d’acqua. La somma di tutte queste piccole perdite può far scendere la pressione del circuito al di sotto del valore minimo necessario.
La pressione si controlla sul manometro della caldaia, solitamente posizionato sul pannello frontale. In condizioni normali, a freddo, dovrebbe attestarsi tra 1,0 e 1,5 bar. Se il valore è sceso sotto 1,0 bar, è necessario reintegrare l’acqua aprendo il rubinetto di carico dell’impianto. Va aperto lentamente, tenendo d’occhio il manometro, fino a quando la pressione non torna nel range corretto. Se non si ha familiarità con questa operazione, è sempre preferibile farsi assistere da un tecnico almeno la prima volta.
Quando lo sfiato non basta
Può accadere che, nonostante uno sfiato eseguito correttamente, uno o più termosifoni continuino a non funzionare come dovrebbero. Se la parte bassa del radiatore rimane fredda mentre quella alta si scalda, il problema non è più l’aria ma probabilmente un accumulo di fango o calcare all’interno.
In questi casi, serve un intervento tecnico di lavaggio dell’impianto, una procedura che utilizza pompe specifiche e liquidi disincrostanti per rimuovere i depositi interni. Questo tipo di manutenzione straordinaria andrebbe eseguita idealmente ogni 5-7 anni come misura preventiva per mantenere l’impianto in condizioni ottimali.
Un altro segnale che richiede l’intervento di un professionista è la presenza di valvole termostatiche bloccate, perdite visibili, gocciolamenti persistenti dalle valvole o rumori che non scompaiono dopo lo sfiato.
I vantaggi concreti e misurabili
Un impianto di riscaldamento privo di aria e ben mantenuto lavora in condizioni di efficienza ottimale. Prima di tutto, il comfort termico: la temperatura si distribuisce in modo uniforme in tutti gli ambienti, senza zone fredde o sbalzi fastidiosi. I rumori scompaiono.
Dal punto di vista energetico, la differenza è sostanziale. Un radiatore completamente funzionante trasmette il calore in modo più efficace, permettendo alla caldaia di lavorare per meno tempo. In alcuni casi, un impianto correttamente sfiatato può funzionare mantenendo lo stesso comfort ambientale con una temperatura dell’acqua inferiore di 1-2 gradi, con risparmi energetici immediati e ripetuti ogni giorno della stagione di riscaldamento.
C’è poi il discorso della durata degli apparecchi. Caldaie, pompe di circolazione, valvole e gli stessi radiatori sottoposti a minori sollecitazioni durano più a lungo e richiedono meno interventi di riparazione. Ogni componente lavora nelle condizioni per cui è stato progettato, senza stress aggiuntivi. Il risultato è una riduzione dei costi di manutenzione straordinaria e un rinvio nel tempo della necessità di sostituzioni costose.
Un’abitudine annuale che conviene
Lo sfiato dei termosifoni non dovrebbe essere visto come un intervento straordinario da eseguire solo quando si manifestano problemi evidenti. Dovrebbe invece diventare una routine annuale, da programmare idealmente all’inizio dell’autunno, prima dell’accensione del riscaldamento per la stagione invernale. In questo modo si parte con un impianto già ottimizzato, senza dover convivere con inefficienze per settimane.
L’investimento richiesto è minimo: pochi euro per una chiavetta di sfiato che durerà anni, e mezz’ora di tempo una volta all’anno. Il ritorno è immediato e si ripete per tutta la stagione: maggiore comfort, minori consumi, minore usura. È uno di quei rari casi in cui il rapporto tra sforzo e beneficio pende nettamente a favore del secondo.
Inoltre, prendersi cura personalmente di questa piccola manutenzione aumenta la consapevolezza sul funzionamento dell’impianto domestico. Permette di notare tempestivamente eventuali anomalie, di riconoscere quando qualcosa non va per il verso giusto, di intervenire prima che piccoli problemi diventino guasti costosi. È un modo per trasformarsi da semplici utilizzatori passivi a gestori attivi e informati della propria abitazione.
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